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Polifemmes Progetti

Semi di identità culturale femminile

84marcoiacobelli@gmail.com
Feb 19

di Natascia Corsini Centro Documentazione Donna

Le storie raccolte in questi Atelier femminili in quattro città europee parlano di riscatto sociale, di straordinarie affermazioni personali e collettive, ma anche di marginalità patite e di lacerazioni. Le motivazioni di queste donne emigranti si possono riassumere in due grandi macro-categorie: da una parte la causa economica e la ricerca di opportunità lavorative che rimanda a una emigrazione spesso “forzata” e/o di “riflesso” cioè vissuta seguendo le scelte dei genitori; dall’altra l’esperienza dello spostamento sperimentata direttamente come scelta personale di ricerca esistenziale e di libertà, iniziata soprattutto per motivi di studio e che assume, fin da subito, una connotazione positiva. Si sono, quindi, riscontrate caratteristiche e motivazioni diverse che riguardano anche fasce di età e categorie sociali differenti. Una pluralità di biografie, un ventaglio variegato di soggetti con motivazioni, aspettative e storie diverse per esperienze di vita, status giuridico e identità rivendicate, che è stato difficile portare a sintesi. Generazioni diverse, tra chi ha attraversato strade più sicure, percorsi già battuti in termini di emancipazione e autodeterminazione e chi ha dovuto lottare per conquistare spazi e diritti, sono state riaggregate sotto un comune denominatore rappresentato dalla parola femminismo. Femminismo come pratica di modificazione di sé e del mondo, che è stato declinato attraverso alcune parole chiave: “anime sorelle” e “strada maestra” ovvero madri, sorelle, amiche, maestre, conoscenti, insegnanti, scrittrici che hanno insegnato o tramandato qualcosa;  “piazza dei diritti”  vale  dire  associazionismo, politica, cittadinanza attiva, sfera pubblica cioè spazi e luoghi fisici di cui le donne si sono appropriate o che sono stati contaminati dalla presenza femminile.

Prima di entrare nei contenuti va evidenziato un tratto comune, il bisogno e il desiderio di queste donne di raccontarsi, di sottoporre all’attenzione della facilitatrice esperienze anche molto intime della propria vita, nella costruzione di un racconto biografico volto alla descrizione di esperienze quasi mai immuni da traumi o momenti delicati che spesso contraddistinguono i percorsi migratori. Le donne coinvolte hanno dimostrato un autentico bisogno di raccontare la propria esperienza, una esigenza di confronto e di riflessione critica sul proprio vissuto biografico che ha rischiato in più occasioni di portare fuori tema ed è stato compito della conduttrice farla andare di pari passo con ragionamenti e considerazioni relativi alla ricerca di un patrimonio culturale europeo delle donne, obiettivo principale del progetto.

Per costruire dal basso una comune identità europea declinata al femminile si è partite dai bagagli culturali delle singole donne, cercando di individuare somiglianze e caratteristiche comuni che sono state qui riassunte in tre ele-menti distintivi e descrittivi dell’esperienza femminile legata alla migrazione.

La solidarietà femminile, amicizie e aiuto reciproco si rafforzano nei momenti difficili dello sradicamento. Solitudine e sentimento di spaesamento avvicinano e la lingua materna è elemento unificante. Ma confidenze, intimità e chiacchere, da sempre consuetudine delle donne e patrimonio relegato nel silenzio, nello spazio chiuso della domesticità, fuoriescono raggiungendo la sfera e la vita pubblica, traducendosi in proposte politiche. Un percorso che è stato tradotto nello slogan “il personale o il privato è politico”. Aborto, divorzio, consultori sono le battaglie e le conquiste più importanti ricordate, ma si riportano anche azioni e pratiche politiche che partivano dal basso, dai bisogni e dalle esigenze reali espressi dalle donne e raccolti attraverso incontri di caseggiato, nei quartieri, nei circoli, nei luoghi di lavoro.

Simone De Beauvoir e Virginia Woolf sono le principali figure femminili – non convenzionali – individuate nella sezione “Biblioteca” del Polifemmes come corifee, soprattutto per le donne di una certa generazione, di un femminismo identificato nei principi di emancipazione, libertà e autonomia. 

Nelle testimonianze, la contrapposizione al modello materno è un imperativo tipico di una ribellione giovanile a “non diventare come loro”, a non omologarsi ad un esempio di oblatività, abnegazione e sottomissione. Un modello che con il tempo viene recuperato, riscoperto come dimostrazione di altruismo, in un percorso di andata e ritorno che la lontananza e il passare degli anni acuiscono. Questo passaggio dal giudizio severo alla gratitudine nei confronti della madre è un riconoscimento dell’esistenza di più modelli materni rispetto all’univocità di queste figure così come l’aveva considerata il neofemminismo, arrivando ad uno strappo radicale. Si tratta di un recupero che la casella del Polifemmes “Accademia della cucina” mette bene in evidenza. Gesti, sapori e ricette tramandati dalle madri e dalle nonne che in questo caso significano anche forte volontà di non perdere le proprie radici identitarie. Una trasmissione che si compie attraverso il fare, attraverso gesti e azioni ripetute, che entrano a far parte dell’eredità di ciascuna. Un passaggio che anche quando avviene per iscritto attraverso i ricettari porta con sé, oltre al cibo, la volontà di conservare ricordi e conoscenze, tra diverse generazioni. Il cibo come veicolo di emozioni, sentimenti e saperi femminili che si trasforma, in un processo sincretico, nell’incontro con altre esperienze di vita, con nuovi sapori che si integrano a quelli tradizionali.

Infine la specificità regionale delle emigranti, un DNA emiliano-romagnolo che poggia le basi nella narrazione partigiana e in un modello femminile di donna forte quale quello della rezdora. L’impegno nell’associazionismo, nel sindacato e nei partiti politici caratterizza la militanza e l’agire delle donne di questa regione; una trasversalità e un’alleanza tra contesti diversi appartenenti allo stesso ambito politico, quello socialista e comunista. Questa ubiquità femminile diventa la cifra distintiva di un’identità che viene trapiantata anche all’estero, gettando semi.

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1 Comments

  1. George Steven 2 Marzo 2017

    Great Stuff. Loved it!

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